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Morano
  patrimonio zootecnico

L'importanza dell'industria armentizia nell'economia moranese è variamente evidenziata da tutte le fonti. Relativamente agli inizi dell'Ottocento, il dato più preciso sulla consistenza del bestiame ovino è quello che si ricava dalla cosiddetta Statistica murattiana: intorno al 1810, i capi ovini erano 12.300, pari a circa il 16 per cento degli ovini presenti nell'intera Calabria Citeriore. Tale fonte, al pari delle altre, rileva che la lana prodotta era di buona qualità e veniva lavorata a mano. Con il latte di pecora, a cui veniva unito generalmente quello di capra, venivano prodotti formaggio e ricotta, destinati, forse, non solo al consumo locale. Con il latte bovino, invece, veniva prodotto il cosiddetto caciocavallo.

Nel 1930, all'epoca del censimento dell'agricoltura, il patrimonio zootecnico era composto da 8.522 ovini, 663 caprini e 458 bovini. Il numero degli ovini e quello dei caprini corrispondevano rispettivamente al 3,42% e allo 0,70% degli stessi capi presenti nella provincia di Cosenza. Una diminuzione considerevole, dunque, rispetto all'Ottocento.

La contrazione del patrimonio ovino e caprino è destinata ad accentuarsi sensibilmente dal secondo dopoguerra in poi. Sulla recessione dell'industria armentizia influiscono alcune delle cause generali della crisi dell'agricoltura; ma ad esse occorre aggiungere, in sede locale, il rimboschimento che ha avuto inizio all'indomani del conflitto e che ha sottratto al pascolo intere zone di montagna.
un'immagine di pastori intenti alla mungitura esposta nel museo

 
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