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Rende
  San Girolamo

La tela, scoperta di recente, costituisce un ulteriore ed importante contributo alla comprensione della produzione dell'artista, e in particolare delle sue opere più tarde.

Fu probabilmente commissionata intorno al 1690. La data è suggerita, più che dalle grandi dimensioni della tela e dalla cornice intagliata e dorata (di manifattura siciliana tardo-seicentesca), dal tenebrismo di derivazione caravaggesca, così evidente nel San Girolamo, che caratterizza l'ultimo periodo della produzione artistica del maestro calabrese.

Benché possa essere accostato, per stile e tecnica, ad altri dipinti dell'autore risalenti allo stesso periodo (Il martirio di San Pietro da Verona, conservato nella chiesa di San Domenico a Taverna, e il San Pietro penitente, esposto al Museo del Collegio Wignacourt), l'olio esposto nel museo rendese resta l'opera in cui sono meglio rappresentate la forza espressiva dell'autore e la sua devozione alle Sacre Scritture.

Il santo, dottore della Chiesa latina, vi è ritratto all'interno di una grotta intento a meditare sulle Sacre Scritture. Nella mano destra regge la pesante pietra con la quale si percuoteva il petto in atto di penitenza. E' ritratto nudo ed il corpo, coperto da un semplice panno intorno ai fianchi, è ancora robusto, malgrado l'età. Sulla destra, è il galero cardinalizio, simbolo del cardinalato che egli rifiutò.

La vigorosa figura del santo e i massi di roccia grigia sono utilizzati dall'autore come metafore della fede incrollabile e della ferma obbedienza del santo ai comandamenti. Nell'iconografia cristiana, infatti, la roccia simboleggia Cristo e la Chiesa. L'immagine della Bibbia posta sul ripiano roccioso sta a rappresentare, probabilmente, l'altare cristiano, dove il santo si poggia con tutto il suo peso ad indicare l'urgenza dell'impegno spirituale e della fede.
Mattia Preti, San Girolamo
olio su tela, cm 165x122 (di proprietà privata)

 
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