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Rossano
  antica tradizione

La tradizione secondo la quale l'anello sarebbe appartenuto a San Nilo risale al Seicento ed č trasmessa dal canonico rossanese Carlo Blasco, che l'avrebbe ricavata da un codice greco. Siffatta tradizione non tiene conto né dell'austeritā che contraddistinse la vita del santo rossanese (che, come tutti gli altri asceti italo-bizantini, andava a piedi nudi e a capo scoperto, costume che male si sarebbe accordato con l'uso di ornamenti), né della circostanza che Nilo non ricevette mai gli ordini religiosi e non fu mai abate (ruolo che avrebbe giustificato l'uso di un siffatto ornamento).

A giudizio di alcuni studiosi, tra cui Biagio Cappelli, l'errore nell'attribuzione deriverebbe dall'identificazione di Nilo con l'eremita Nilo di Simeri (o Nifo o Nifone), vissuto un secolo dopo in una piccola casa di orazione sorta nella valle sottostante Santa Maria del Pātir, ed all'identificazione del suddetto Nifo (o Nifone) con l'archimandrita del Pātir Nifone III, in carica nell'ultimo decennio del XIII secolo (1291).

L'epoca si accorda perfettamente con quella a cui appartiene l'anello, non solo per le lettere incise e le qualitā stilistiche, che lo indicano di fattura veneziana, ma anche perché proprio in quel periodo, sotto l'influenza degli abati delle comunitā latine, gli igųmeni dei monasteri bizantini cominciarono a utilizzare anelli come segno della loro dignitā. Dunque, l'anello dipotrebbe essere appartenuto ad un archimandrita del Monastero del Pātir e, forse, proprio a Nifone III.