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  Costumi popolari calabresi

All'abbigliamento delle classi subalterne è dedicato nel percorso museale un posto di rilievo. Insieme ad alcuni bellissimi esemplari dei costumi tradizionali indossati dalle donne in particolari circostanze festive, nella sezione è esposta una ricca documentazione fotografica che permette di ricostruire le fogge degli abiti comuni diffusi in passato.

Al contrario dei costumi albanesi, infatti, indossati ancora oggi e riprodotti dalle nuove generazioni, i costumi calabresi - quello dell'uomo prima, quella della donna un po' più tardi - sono pressoché scomparsi e sono stati sostituiti da abiti comuni. Oggi sono davvero pochissime le donne che ancora li indossano: si tratta in prevalenza di donne anziane che vivono in piccoli centri della Calabria interna. Anche le circostanze in cui vengono indossati sono sempre più rare, limitate come sono - in genere - alle fiere e alle feste patronali.

I costumi esposti sono stati reperiti nell'area del cosentino e appartengono, nella grande maggioranza dei casi, a privati. Il visitatore potrà constatare le differenze esistenti tra un paese e l'altro: la varietà dei colori, il mutare della foggia del corpetto o del copricapo, il cosiddetto u maccaturu, la diversa pieghettatura delle gonne, i ricami, i merletti, i tessuti usati.

Il noto antropologo Raffaele Corso divide la Calabria in tre distinte aree a seconda dei colori dominanti negli abiti:

quella del panno scarlatto, tipica dei paesi situati lungo la costa tirrenica, ai piedi della catena paolana, fino all'altezza di Gimigliano e Tiriolo;

quella del panno nero, che comprende la zona interna di San Giovanni in Fiore;

e quella del panno turchino, caratteristica invece della zona di Bagnara e più in generale dell'estremità meridionale.

Tra i costumi esposti, degno di nota quella della pacchiana, termine con cui viene convenzionalmente identificata la donna calabrese in costume tradizionale.
la sala del museo dedicata all'esposizione dei costumi popolari calabresi

 
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