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  banco dell'orafo

Nel museo è stato riprodotto fedelmente un angolo della bottega dell'orafo, e precisamente il banco da lavoro. Il banco e gli arnesi con cui è stato allestito sono stati donati da Antonio e Gennaro Perri, di Campana, una delle più importanti famiglie calabresi di orafi.

Il banco da lavoro era costituito da un tavolo con un piano fisso, bordato da una cornice rialzata, e un piano ribaltabile. Il primo presentava una rientranza semicircolare, con al centro lo stocco - un pezzo di legno duro cuneiforme sul quale l'artigiano svolgeva il lavoro - e sei cassetti. Sotto lo stocco, era un piccolo vano ove venivano riposti gli strumenti: la bilancina, le limette e le forme utilizzate per la creazione dei modelli. Tra le più diffuse, la piastrina a forma di occhio, quella a ramo con quattro trifogli e due fiori composti da castoni, quella a forma di luna.

Accanto al banco, solitamente c'erano la bombola all'acetilene usata per saldare, ma anche per modesti lavori di fusione, una piccola cassaforte e i macchinari più frequentemente usati, tra cui il laminatoio e la mola, entrambi esposti nel museo. Il primo è una macchina in acciaio composta da due cilindri lisci, che girano l'uno in senso l'altro in quello opposto, tra cui passa il metallo che viene così ridotto a lamina. La seconda, utilizzata per levigare e lucidare i metalli, è invece un supporto con base quadrata e ruota di ferro scanalata inserita in una piccola barra cilindrica alle cui estremità sono una rotella in pietra e una spazzola circolare.

L'orafo preparava la lega aggiungendo all'oro altri metalli e fondendoli a oltre mille gradi in apposti crogiuoli di grafite manovrati con le pinze. L'oro fuso veniva poi versato nelle lingottiere e i lingotti ottenuti usati per la lavorazione dei gioielli o venduti direttamente.
il banco dell'orafo esposto nel museo

 
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