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Rende
  Sinite parvulos venire ad me

L'opera, originariamente conservata presso la Heim Gallery di Londra, fu portata prima a Roma e poi acquistata dall'Amministrazione Comunale per il museo civico rendese.

La tela, eseguita alla fine degli anni Quaranta del XVII secolo, è così denominata in riferimento all'episodio del Vangelo, narrato da Matteo e Marco, in cui Gesù redarguisce i discepoli che impedivano ai bambini, portati dalle madri al suo cospetto, di avvicinarsi e ricevere la benedizione.

Molti hanno voluto riconoscervi l'episodio della presentazione a Gesù dei figli di Zebedeo da parte della madre, riportato da Matteo.

Sebbene il dipinto si presti anche a questa lettura, l'esistenza di un'altra tela pretiana, conservata nella Pinacoteca di Brera, fuga ogni dubbio interpretativo poiché ritrae la vedova di Zebedeo alla presenza del Cristo raffigurato con un calice nella mano sinistra.

Ad ingenerare la confusione sul tema è stata la tesi sostenuta da alcuni critici, secondo i quali la tela sarebbe un'interpretazione del Preti di un più noto dipinto del Veronese, Cristo e la Vedova di Zebedeo, conservato presso la collezione Chrysler di New York.

Nell'opera sono assai evidenti gli influssi caravaggeschi e le tendenze della scuola veneta. Il fulcro della composizione è occupato dalla figura del Cristo, che indica uno dei fanciulli: alla destra sono tre apostoli, a sinistra le donne con i due bambini. In secondo piano, si scorgono due figure femminili che spiano curiose.

L'ambientazione, chiaramente romana, è caratterizzata dalla raffigurazione di antichi monumenti, tra i quali si scorge la Piramide Cestia.

La maestria dell'artista è riconoscibile negli effetti cromatici e nel magistrale uso della luce.
Mattia Preti, Sinite parvulos venire ad me
olio su tela, cm 112x171

 
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