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San Ladislao
: Simone Martini
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Altomonte
  San Ladislao

L'opera, concordemente datata dalla critica intorno al 1326, fu eseguita a tempera su tavola. Con ogni probabilità fu commissionata da Filippo Sangineto, e, come si evince da una bolla di Clemente VI, doveva far parte di un più ricco corredo del valore di circa duemila franchi d'oro, che comprendeva quamplurima vasa argentea, videlicet preces, images, calices, incensoria, ampullas et etiam alia, nec non plura ecclesiastica ornamenta...

Rappresenta il santo re d'Ungheria con corona e scettro. L'immagine è circondata da un arco a sesto acuto la cui cuspide reca sulla fronte un grappolo d'uva a rilievo, mentre i due lati sono decorati da fiori cruciformi intagliati.

La tridimensionalità con cui è rappresentato il re, il piedistallo sul quale poggia, la morbidezza e la grazia del panneggio, gli evidenti contrasti cromatici tra il bruno della pedana e il rosa malva del corpo del santo, come pure tra i bianchi ed i grigi della pelliccia e il verde-azzurro della tunica, gli smalti del pettorale, i calzari rossi, stanno a testimoniare l'equilibrio ormai raggiunto da Simone Martini fra le tendenze lineari dell'arte toscana e le conquiste prospettiche operate da Giotto.

Sul retro della tavoletta uno stemma raffigurante un'arma con lambello rosso a cinque pendenti starebbe ad indicare che il dipinto fu donato dal duca Carlo di Calabria a Filippo Sangineto, suo vicario, forse insignito del simbolo regale per aver sostenuto la causa angioina in Toscana nel 1326-13228. Il destinatario o il committente, però, potrebbe anche essere un rappresentante della famiglia Sambiase, imparentata con i Sangineto, nel cui stemma ricorre l'ornamento a cinque pendenti.


Simone Martini, San Ladislao
tempera su tavola, ca. 1326, cm 43x21

 
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